Resurrezione o immortalita' dell'anima?

riflettiamo con Jean-Marie Aubert

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    Come tutti noi sappiamo al tempo di Gesu , gli ebrei si dividevano tra coloro che credevano nella resurrezione e coloro che ne rifiutavano l'idea.
    Paolo pare abbia detto "fratelli io sono fariseo figlio di farisei, io sono sotto giudizio a motivo della speranza nella resurrezione dei morti".
    La Prima lettera ai Tessalonicesi definisce coloro che sono morti come qualcuno che dorme.
    Tutti questi il giorno della venuta o meglio del ritorno di Gesu' risorgeranno e insieme ai viventi di quel giorno entreranno nella nuova vita eterna immortale.

    Tutto a posto?
    Forse.. ma che ne e' della persona dal momento in cui muore fino alla fine dei tempi?
    Non esiste piu?
    Che dobbiamo farne della nozione di anima immortale? Buttarla via?

    Sentiamo cosa dice Jean Marie Aubert nel suo libro "E dopo la morte? niente?"

    "...La congregazione della dottrina della fede (1979) ha pubblicato con l'approvazione del Pontefice una lettera indirizzata a tutti i vescovi sui problemi dell'escatologia.
    Essa insiste su due punti; innanzitutto il suo accordo cob la verita' biblica fondamentale, la resurrezione dei morti riguarda l'uomo intero:"per gli eletti questa non e' altro che l'estensione agli uomini della resurrezione stessa di Cristo",tema sviluppato sopra.
    In secondo luogo, l'affermazione che bisogna mantenere la nozione di anima, COME GARANZIA DELLA CONTINUITA' TRA LA MORTE INDIVIDUALE E LA RESURREZIONE FINALE , cio' che sara oggetto delle pagine seguenti.
    Per limitarci ad alcune posizioni cominciamo da Lutero. Per lui dopo la morte e in attesa della resurrezione, l'essere umano e semplicemente come "addormentato."
    Ma che significa tale sonno? Chi dorme? Non certamente il cadavere che si sta decomponendo, con un cervello gia' corroso dai vermi.
    Qualcosa dunque di quest'uomo morto continuerebbe a esistere in modo latente, in sonno? Perche allora non chiamarlo "anima"?
    Se non c'e' niente, allora c'e' interruzione totale tra il defunto e colui che risuscitera' alla fine dei tempi; non sara piu' lo stesso essere, la stessa persona; IL PRIMO SARA' RIDOTTO AL NULLA E IL SECONDO SARA' UNA CREAZIONE PURA E SEMPLICE, SENZA LEGAME CON L'ALTRO.
    Questa spiegazione, che gioca sulle parole , non salvaguarda in niente l'essenziale di cio' che insegna la scrittura sulla risurrezione finale: risusciteranno quelli che sono morti biologicamente. E' indispensabile dunque, per salvare il senso della Scrittura, postulare la permanenza, al di fuori di ogni elemento biologico e corporale, di una realta che si chiamera' come si vuole: dimensione spirituale, "io", anima. E poiche tutta la Tradizione ha optato per quest'ultima, perche' non continuare a credere nell'immortalita' dell'anima, sola garante della continuita' tra il defunto e il risuscitato della fine dei tempi?
    La radicalizzazione di questa posizione Luterana e' rappresentata dal pensiero di Karl Barth sull'immortalita' dell'anima. Per lui la morte dell'uomo e' totale, essa annienta l'uomo; e il passaggio dall'essere al non essere. Prendendo nella loro nudita' le espressione di Barth, vi si deve riconoscere una verita': la morte corporale e' il segno evidente che l'essere umano ha finito di giocare un ruolo nell'esistenza terrena. Di sicuro la morte e' la fine definitivs dell'essere umano come tale. ma riconoscere questa verita' elementare non porta affatto a negare che il destino di quest'uomo morto non abbia piu' senso. Questa interpretazione, che suppone la permanenza di un anima distinta dal corpo dopo la morte, Karl barth non vuole ammetterla, e cio' in ragione dell'allergia ricordata sopra nei confronti di una contaminazione ellenica della Rivelazione.
    Bisogna riconoscere che in Barth, come in molti suoi colleghi, questo pregiudizio si nutre di una latro pregiudizio: egli interpreta spontaneamente la nozione cristiana tradizionale di anima nel senso platonico, e di un platonismo deformato, di un anima imprigionata nel corpo e liberata dalla morte.
    ma allora come puo' Barth conciliare la sua teoria con la resurrezione dei morti? Le sue spiegazioni sono perlomeno paradossal; cosi egli scrive: "Nella morte il Signore CI fa raccogliere cio che NOI abbiamo seminato". E' dunque lo stess NOI che rimane prima e dopo la morte!
    Oppure: "Nella morte noi cadiamo definitavamente nelle mani del Dio vivo"; e' giustissimo, ma suppone che il NOI sussista dopo la morte. Egli parla anche della speranza nella nostra morte e dell'aldila' della nostra morte quando non saremo piu nulla". Sono numerose queste affermazioni in cui da un lato si parla di annichilimento totale dell'essere umano e dall'altro della permanenza di questo stesso essere nelle mani di Dio. Anche sostenendo che dopo la morte "noi non siamo piu' nulla, ma che Dio sara' li per noi" questo non risolve il problema: Dio non puo' prendere il nostro posto, quando non saremo piu0 niente.
    Cosciente di queste contraddizioni, pur mantenendo l'idea di un annichilimento totale dell'uomo a causa della morte, barth fa intervenire la potenza creatrice di Dio, che da' ai defunti un esistenza nuova, l'esistenza eterna. ma il nulla non puo' costituire un intervallo tra le due esistenze: la vita eterna, che sara' creata per me, non sra' la MIA vita.
    Un altro teologo protestante, W. Pannenberg, ha continuato sulla scia di Barth, ma con importanti sfumature, in particolare invocando i dati dell'antropologia moderna, opposta al dualismo cartesiano e vedendo essenzialmente nell'uomo un essere aperto al mondo, cio' che spieherebbe l'universale e illusoria speranza in un aldila'. Qusta weltoffenheit (apertura al mondo) spiegherebbe secondo Pannenbeirg l'intersse di tutte le culture per un avvenire dopo la morte (appartiene all'essenza dell'uomo perare in un aldila' della morte"). Qui, come per Barth, e' il ricorso all'intervento divino che risolve il problema: questo avvenire dopo la morte non e' fondato sull'uomo sull'immortalita' di un anima problematica, ma e' un puro dono di Dio, che realizza la promessa di vita eterna fatta dal Cristo al credente. Ma si rimane alla stessa questione centrale: Come puo' Dio farci dono della vita eterna, come partecipazione alla sua vita eterna, se l'uomo che deve ricevere questo dono non c'e' piu'? Si risponde a quest'obiezione affermando che DIo puo' dispensare dalla legge della morte totale e accogliere il defunto. E' una spiegazione un po' complicata, che pone in Dio una certa contraddizione: da una parte, egli avrebbe creato l'uomo come destinato a essere totalmente annientato dalla morte, e dall'altra, opponendosi a questa struttura creazionale, concederebbe un ulteriore esistenza al di la' della morte. L'essere umano stesso sarebbe un eseere diviso: malgrado la sua natura che include la sua distruzione totale, sarebbe autorizzati (dall'esperienza cristiana) a sperare al di la' di questa distruzione che e' la morte, Per contro pannenberg, al di fuori di questo problema, ha felicemente contribuito a un rinnovamento dell'antropologia cristiana (il suo libro principale si intitola Che cosa e' l'uomo?), basata sull'idea che per definizione l'uomo ha una relazione naturale con Dio, e' aperto al divino. Questo ci sembra profondamente giusto. Tuttavia, proprio a partire da questo, dovrebbe sembrare naturale andare oltre e concepire nell'uomo non due parti ooposte - anima, corpo - ma due dimensioni, l'una biologica, l'altra sopra-biologica e spirituale perche' aperta al divino, in quanto queste due dimensioni nella nostra esperienza sono date sempre insieme e inseparabili. L'essenziale allora sarebbe sapere se questa dimensione spirituale puo' rendersi indipidente da quella corporale. per quanto riguarda la capacita' di emergere sopra questa dimensione spirituale, rimandiamo a quanto detto sopra. Pur essendo anima animatrice delle funzioni fisiologiche, im quanto struttura il corpo (che non e' pensabile se non animato da essa) non e0 pero limitaa a quest'animazione, e questo suppone che sopravviva all'annientamento del corpo a causa della morte. L'antropologia cristiana di Pannenberg arriva allora a un dilemma: o riconoscere l'immortalita', la sopravvivenza di questa dimensione spirituale (che noi chiamiamo anima), o cadere nella contraddizione, poiche' - a meno che le parole non vogliano dire piu' niente - se l'uomo e' strutturato per una relazione particolare con Dio, deve possedere in se' un istanza che lo renda capace di questa apertura e che, percio', superi per definizione la sfera del biologico e del corporale. Da qualsiasi lato si affronti il problema, l'unica soluzione e' l'esistenza di una a, anima immortale, a condizione che non si metta in caricatura la concezione tradizionale dell'anima a partire da uno schema cartesiano semplificato.
    Per concludere questa rapida rassegna, riportiamo l'opinone diun teologo protestante francese, un amico col quale ho discusso spesso del problema, il professor Roger Mehel, che scrive:"il Dio che risuscita i morti non trova in essi alcun punto di partenza per la nuova vita. E' perche' sono totalmente morti che bisogna ricrearli. L'uomo deve ritrovare una vita nuova, radicalmente diversa da quella che possedeva naturalmente e che non poteva condurre che alla morte. Senza dubbio al di la' della frattura della morte, c'e' una certa continuita' tra l'uomo antico e l'uomo nuovo, poiche' in lui c'e lo stesso EGO prima e fopo la risurrezione: la risurrezione e' risurrezione di COLUI che era morto. Ma e' Dio stesso che crea questa continuita' nell'atto della resurrezione-, essa e' prefigurata nei dati antropologici, e non e' nemmeno virtuale".
    Si ritrova la stessa contraddizione: come puo' parlare di un Ego che persiste (ma dove? e in chi?) prima e dopo la resurrezione, se si postula non esserci alcuna continuita' tra il defunto e il futuro resuscitato? Questi infatti non sara un resuscitato, ma un essere creato che non ha niente in comune con il precedente perche il precedente e' consideraro come totalmente annullato dalla morte,
    L'uso del termine "ego" non nasconde allora l'ossessione di evitare di parlare della sopravvivenza dell'anima, mentre questa, nella dottrina cattolica classica, designa l'io profondo, fonte delle decisioni e della responsabilita.
    Si ritrova espressa la stessa ossessione antiellenica; si ha paura di far rivivere il Platone (il divino Platone) dei padri della chiesa, ostacolo (presunto tale) alla lettura della sola scriptura...
     
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    Molto interessante.

    La problematica è connessa alle diverse opinioni che le fonti ebraiche, e di conseguenza anche quelle cristiane, manifestano sull'argomento. La fede nella risurrezione dei morti è uno dei principi fondamentali dell' Ebraismo ortodosso ( v. la celebre elencazione di Rambam), ma nella tradizione ebraica non vi è identità di vedute in merito al rapporto tra la risurrezione e la partecipazione a quello che è chiamato " il mondo a venire".Per alcuni esegeti i due concetti coincidono, e le anime dei defunti si "addormentano" sino al giorno della risurrezione, nel quale,almeno quelle dei giusti, si riuniranno al corpo per l'eternità, in una beata ed estatica contemplazione della Presenza Divina.Secondo altri maestri d'Israele invece,tra cui lo stesso Rambam, "il mondo a venire" coincide con la vita delle anime dei giusti dopo la morte, mentre la risurrezione dei corpi avverrà con la venuta del Messia e l' inizio dell'Era Messianica, dopo la quale s'instaurerà il vero e proprio regno eterno delle anime senza corpo. Vi è poi la questione del Gehinnon e del Gad Eden , della loro durata ecc. ecc. ....Insomma, argomento complesso!!!!
     
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    Dire che le anime "dormono" era un eufemismo per dire che erano morti, ma che "non finiva tutto lì" . Se leggiamo Giovanni 11:11-15 Gesù lo spiega.

    Se poi leggiamo Marco 12:24-27 si chiarisce che le anime rimangono "viventi".

    L'eufemismo serviva proprio per rafforzare la fede e la speranza di quanti non credevano nella resurrezione, proprio perché tra gli stessi ebrei al tempo, come oggi, c'erano credenze differenti sull'argomento.

    Paolo poi spiega meglio ció che avviene, le anime che hanno portato "l'immagine" di Adamo, cioè di uomo che si disfa porteranno poi l'immagine di un altro corpo, spirituale, che non sarà soggetto a disfacimento.

    "Come" dalla polvere, che siano atomi, molecole possa sorgere un corpo trasformato non lo so, evidentemente ció che è spirituale sostiene tutto ciò che è "visibile", in una misura in cui non conosciamo.

    Peró la scienza ha compreso leggi e principi simili, se riflettiamo sui rapporti che intercorrono tra energia e materia.
     
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    Argomento interessante e molto complesso.

    Ed invece i "cattivi" che fine farebbero?
     
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    C'è anche una risurrezione degli ingiusti
     
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    Ciao Maurizio, allora posto qualcosa, come accordato in tag ;):

    https://www.jw.org/it/cosa-dice-la-Bibbia/..._index%5D=2

    Questa è una rivista (l’ ultima):

    https://www.jw.org/it/pubblicazioni/rivist...-triste-realta/

    Per chi vuole guardare, poi, in fondo alle pagine ci sono altri articoli correlati.

    Grazie, buona serata, shalom. ;)
     
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    Pero'Bloccoporta mi sembra che niente in quei link prende in seria considerazione un interrogativo posto in questo thread.
    Se niente dell'uomo sopravvive alla morte quella che noi chiamiamo resurrezione sara' una creazione ex nihilo.
    Sara' creata una nuova creatura che non avra'nulla a che spartire con la discendenza di Adamo. Non c'è un controsenso?
    Se niente rimane dell'uomo precedente allora niente puo'passare all'uomo successivo.
    Non Sara'lo stesso essere.

    Edited by Maurizio 1 - 28/9/2019, 15:47
     
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    La Bibbia, tuttavia, insegna che Dio può “svegliare” i morti, un po’ come si fa con una persona addormentata, e ridare loro la vita (Giobbe 14:13-15).

    Ma ne siamo proprio
    sicuri?
    Perche proprio in Giobbe 14 (vers 19) si legge .
    "Cosi TU hai distrutto la medesima speranza dell'uomo mortale".
    Non si parla forse della speranza di resuscitare?
     
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    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 27/9/2019, 21:21) 
    Pero'Bloccoporta mi sembra che niente in quei link prende in seria considerazione un interrogativo posto in questo thread.
    Se niente dell'uomo sopravvive alla morte quella che noi chiamiamo resurrezione sara' una creazione ex nihilo.
    Sara' creata una nuova creatura che non avra'nulla a che spartire con la discendenza di Adamo. Non c'è un controsenso?
    Se niente rimane dell'uomo precedente allora niente puo'passare all'uomo successivo.
    Non Sara'lo stesso essere.

    Si, la riflessione riportata da Jean-Marie Aubert ha la sua logica, però tieni conto che tutte le informazioni degli uomini morti sono presenti presso Dio. Quando egli ridona la vita, probabilmente ci dà anche la consapevolezza della nostra identità. Un’altra ipotesi può essere che Dio abbia messo al nostro interno una qualche sostanza chimica che ci fa comprendere che siamo noi e non qualcun altro. Chi ci dice che non può essere così?
    L’argomento è interessante, ma se anche fosse effettivamente come dice l’autore del testo, non cambia quello che è il destino degli uomini, a seconda di come Dio li giudica. Se anche avessimo una qualche parte di noi che effettivamente sopravvive, ma questa rimanesse inconscia, non cambierebbe il nostro stato, sempre inconsci saremmo, non consapevoli di nulla.
    Leggi ad esempio il salmo 37. Lì fa una netta distinzione tra i giusti ed i malvagi. Se anche un malvagio avesse un qualcosa che sopravvive al corpo, nella pratica non gli cambierebbe nulla, perché alla fine rimarrebbe comunque inconscio. (Ecclesiaste [qoelet] 9:5,6,10).

    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 27/9/2019, 21:39) 
    CITAZIONE
    La Bibbia, tuttavia, insegna che Dio può “svegliare” i morti, un po’ come si fa con una persona addormentata, e ridare loro la vita (Giobbe 14:13-15).

    Ma ne siamo proprio
    sicuri?
    Perche proprio in Giobbe 14 (vers 19) si legge .
    "Cosi TU hai distrutto la medesima speranza dell'uomo mortale".
    Non si parla forse della speranza di resuscitare?

    Non sempre dobbiamo basarci solo su un versetto che può sembrare indicare anche qualcos’altro. A volte bisogna confrontarlo con altre parti che rendono più chiaro il concetto.

    Shalom
     
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    CITAZIONE (Bloccoporta @ 29/9/2019, 12:57) 
    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 27/9/2019, 21:21) 
    CITAZIONE
    La Bibbia, tuttavia, insegna che Dio può “svegliare” i morti, un po’ come si fa con una persona addormentata, e ridare loro la vita (Giobbe 14:13-15).

    Ma ne siamo proprio
    sicuri?
    Perche proprio in Giobbe 14 (vers 19) si legge .
    "Cosi TU hai distrutto la medesima speranza dell'uomo mortale".
    Non si parla forse della speranza di resuscitare?

    Non sempre dobbiamo basarci solo su un versetto che può sembrare indicare anche qualcos’altro. A volte bisogna confrontarlo con altre parti che rendono più chiaro il concetto.

    Shalom

    ma scusa basarsi solo su un versetto non e' quello che hanno fatto loro, cioe' jw.org?
    E confrontarlo con un altra parte per cecare di chiarire il conceto non e' quello che ho cercato di fare io?

    In difetto sono loro che si basano su un versetto solo, smontato dal periodo in cui si trova e per di piu' preso da una traduzione particolare.
    Giobbe 14,14 nella traduzione del nuovo mondo

    Se un uomo robusto* muore, può egli tornare a vivere?+
    Tutti i giorni del mio lavoro obbligatorio aspetterò,+
    Finché venga il mio sollievo.+

    Giobbe 14,14 nella Bibbia Cei

    Se
    l'uomo che muore potesse rivivere,
    aspetterei tutti i giorni della mia milizia
    finché arrivi per me l'ora del cambio!

    Capisci cosa fa la traduzione del nuovo mondo?
    per poter disporre di almeno una dichiarazione nell'antico testamento di credenza nella resurrezione trasforma una frase ipotetica in una domanda,
    dopodiche fa diventare una frase condizionale un semplice futuro.
    Insomma leggendo l'intero capitolo 14 di Giobbe prima sulla Cei e poi nella TNM ti accorgi che nel secondo caso la traduzione fa del suo meglio per frammentare e distruggere il filo logico del discorso che percorre tutto il capitolo, restituendoti una sequenza di frasi che non riesci piu' a collegare tra di loro.


    Poi ci sarebbe anche un altra cosa da dire.
    Attribuire la credenza nella risurrezione proprio a Giobbe (non trovandola da nessuna altra parte nel Tanach) e' ridicolo.
    Significa non aver capito niente del libro di Giobbe.
    La tragita' della disperazione e della protesta di Giobbe si basa proprio sul presupposto che lui sa che ha solo una vita a disposizione per essere retribuito da Dio, per ricevere premio o castigo bene o male.
    L'unica possibilita' d tregua alla sofferenza che Giobbe immagina sa che deve aspettarsela in questa vita,
    prima che raggiunga "quel limite oltre il quale non si puo' andare"
    Poi non ci sara' piu' occasione per Dio di mpstrargli la sua benevolenza.
    "Se i suoi giorni sono contati,
    se il numero dei suoi mesi dipende da te,
    se hai fissato un termine che non può oltrepassare,
    6 distogli lo sguardo da lui e lascialo stare
    finché abbia compiuto, come un salariato, la sua
    giornata!" Giobbe 14,5

    Se a conforto delle sofferenze di Giobbe ci fosse la prospettiva di una vita futura, tutti i ragionamenti di Giobbe e dei suoi tre amici non si svilupperebbero nella maniera in cui sono scritti.

    Edited by Maurizio 1 - 29/9/2019, 21:23
     
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    CITAZIONE (Bloccoporta @ 29/9/2019, 12:57) 
    Si, la riflessione riportata da Jean-Marie Aubert ha la sua logica, però tieni conto che tutte le informazioni degli uomini morti sono presenti presso Dio. Quando egli ridona la vita, probabilmente ci dà anche la consapevolezza della nostra identità. Un’altra ipotesi può essere che Dio abbia messo al nostro interno una qualche sostanza chimica che ci fa comprendere che siamo noi e non qualcun altro. Chi ci dice che non può essere così?
    L’argomento è interessante, ma se anche fosse effettivamente come dice l’autore del testo, non cambia quello che è il destino degli uomini, a seconda di come Dio li giudica. Se anche avessimo una qualche parte di noi che effettivamente sopravvive, ma questa rimanesse inconscia, non cambierebbe il nostro stato, sempre inconsci saremmo, non consapevoli di nulla.
    Leggi ad esempio il salmo 37. Lì fa una netta distinzione tra i giusti ed i malvagi. Se anche un malvagio avesse un qualcosa che sopravvive al corpo, nella pratica non gli cambierebbe nulla, perché alla fine rimarrebbe comunque inconscio. (Ecclesiaste [qoelet] 9:5,6,10).

    Se pero', come tu stesso dici, avessimo una qualche parte di noi che effettivamente sopravvive, e a qualcuno gli andasse di chiamarla anima?
    Allora come la mettiamo?
     
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    Capisci cosa fa la traduzione del nuovo mondo?
    per poter disporre di almeno una dichiarazione nell'antico testamento di credenza nella resurrezione trasforma una frase ipotetica in una domanda,
    dopodiche fa diventare una frase condizionale un semplice futuro.

    Ma non è vero, ce ne sono altre dichiarazioni nell’ AT di credenza nella resurrezione. Ad esempio in Isaia 26:19:

    19 “I tuoi morti vivranno.
    I miei cadaveri sorgeranno.
    Svegliatevi e gridate di gioia,
    voi che dimorate nella polvere!
    La tua rugiada, infatti, è come la rugiada del mattino,
    e la terra farà venire alla vita chi è impotente nella morte.


    Sempre in Isaia, al cap. 65, versetto 17, si legge:

    17 Ecco, io creo nuovi cieli e una nuova terra;
    le cose passate non torneranno in mente
    né saliranno in cuore.


    A chi non torneranno in mente le cose passate? Ovviamente a chi le ha vissute, cioè a chi ha vissuto in quest’epoca, dove ci sono molti problemi, dove le persone muoiono. Questi stessi che muoiono non si ricorderanno nemmeno più le cose negative che ci sono ora. È ovvio quindi che i morti saranno risorti.
    Altro esempio:

    13 “Quanto a te, va’ avanti sino alla fine. Riposerai, ma sorgerai per ricevere la tua parte alla fine dei giorni”. (Daniele 12:13)

    Edited by Bloccoporta - 3/10/2019, 23:50
     
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    CITAZIONE (Bloccoporta @ 29/9/2019, 12:57) 
    Non sempre dobbiamo basarci solo su un versetto che può sembrare indicare anche qualcos’altro. A volte bisogna confrontarlo con altre parti che rendono più chiaro il concetto.

    Shalom

    ma scusa basarsi solo su un versetto non e' quello che hanno fatto loro, cioe' jw.org?
    E confrontarlo con un altra parte per cecare di chiarire il conceto non e' quello che ho cercato di fare io?

    In difetto sono loro che si basano su un versetto solo, smontato dal periodo in cui si trova e per di piu' preso da una traduzione particolare.
    Giobbe 14,14 nella traduzione del nuovo mondo

    Se un uomo robusto* muore, può egli tornare a vivere?+
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    Giobbe 14,14 nella Bibbia Cei

    Se
    l'uomo che muore potesse rivivere,
    aspetterei tutti i giorni della mia milizia
    finché arrivi per me l'ora del cambio!

    Capisci cosa fa la traduzione del nuovo mondo?
    per poter disporre di almeno una dichiarazione nell'antico testamento di credenza nella resurrezione trasforma una frase ipotetica in una domanda,
    dopodiche fa diventare una frase condizionale un semplice futuro.
    Insomma leggendo l'intero capitolo 14 di Giobbe prima sulla Cei e poi nella TNM ti accorgi che nel secondo caso la traduzione fa del suo meglio per frammentare e distruggere il filo logico del discorso che percorre tutto il capitolo, restituendoti una sequenza di frasi che non riesci piu' a collegare tra di loro.


    Poi ci sarebbe anche un altra cosa da dire.
    Attribuire la credenza nella risurrezione proprio a Giobbe (non trovandola da nessuna altra parte nel Tanach) e' ridicolo.
    Significa non aver capito niente del libro di Giobbe.
    La tragita' della disperazione e della protesta di Giobbe si basa proprio sul presupposto che lui sa che ha solo una vita a disposizione per essere retribuito da Dio, per ricevere premio o castigo bene o male.
    L'unica possibilita' d tregua alla sofferenza che Giobbe immagina sa che deve aspettarsela in questa vita,
    prima che raggiunga "quel limite oltre il quale non si puo' andare"
    Poi non ci sara' piu' occasione per Dio di mpstrargli la sua benevolenza.
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    se il numero dei suoi mesi dipende da te,
    se hai fissato un termine che non può oltrepassare,
    6 distogli lo sguardo da lui e lascialo stare
    finché abbia compiuto, come un salariato, la sua
    giornata!" Giobbe 14,5

    Se a conforto delle sofferenze di Giobbe ci fosse la prospettiva di una vita futura, tutti i ragionamenti di Giobbe e dei suoi tre amici non si svilupperebbero nella maniera in cui sono scritti.

    Giobbe 14:14 in realtà viene tradotto anche al futuro, come ad esempio nella Diodati, anche se mette il punto di domanda:

    www.laparola.net/testo.php

    Qui, in inglese, dovrebbero comunque essercene altre al futuro:

    https://biblehub.com/job/14-14.htm

    Probabilmente il passo può essere tradotto in entrambi i modi, bisognerebbe conoscere l’ ebraico.
    Tieni presente comunque anche del contesto. Giobbe forse si sentiva in colpa e indegno nei confronti di Dio perché non era a conoscenza della contesa in atto, il tutto rafforzato dai commenti dei suoi amici. Forse pensava addirittura di non essere degno della resurrezione. Quindi questo versetto ed i versetti successivi, ed in particolare il 19, sono forse riferiti a se stesso. Tornando ad esempio al salmo 37, vediamo appunto la differenza tra il destino dei giusti e quello dei malvagi.
    Poteva comunque forse riferirsi anche agli uomini in generale, stando sempre al salmo 37.
     
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    CITAZIONE (Bloccoporta @ 3/10/2019, 23:43) 
    Tieni presente comunque anche del contesto. Giobbe forse si sentiva in colpa e indegno nei confronti di Dio perché non era a conoscenza della contesa in atto, il tutto rafforzato dai commenti dei suoi amici. Forse pensava addirittura di non essere degno della resurrezione.

    Per tenere presente il contesto che ti fa comprendere il pensiero di Giobbe non e'sufficente conoscere semplicemente IL PROlOGO del libro di Giobbe, cioe' della contesa tra Dio e Satana.
    Anzi diciamo che quello non ti puo' dire praticamente niente.
    Per capire come ragiona Giobbe prima e dopo le disgrazie e'necessario seguire attentamente i suoi ragionamenti nel corso della lunga discussione con i tre amici.
    Tu dovresti fare questo, sebbene la traduzione del nuovo mondo non ti aiuta a seguire proprio il filo di questi ragionamenti.
    Se leggi e capisci bene i discorsi di Giobbe non puoi dire che lui si sentiva in colpa nei confronti di Dio.
    E' vero piuttosto il contrario Giobbe e'sempre pronto a raccogliere le ultime energie che gli rimangono per proclamare la sua innocenza davanti a Dio e davanti agli amici che invece lo inducono con i loro discorsi a considerare di avere fatto qualcosa di sbagliato.
     
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    L'uomo non ha una anima immortale

    Ecclesiaste 8:8
    Non c'è uomo che abbia potere sullo spirito per poterlo trattenere, o che abbia potere sul giorno della morte. Non c'è congedo in battaglia, e l'iniquità non può salvare chi la commette.

    Ecclesiaste 9:5
    I viventi infatti sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; per loro non c'è più alcuna ricompensa, perché la loro memoria è dimenticata.

    Proverbi 21:16
    L'uomo che si allontana dalla via della prudenza, abiterà nell'assemblea dei morti.
     
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